Commento alla sentenza della Cassazione penale sez. III, 12/01/2023, n.8174 relativa ai reati tributari e integrazione della causa di non punibilità a seguito di pagamento del debito.
Applicazione retroattiva della causa di non punibilità nell’ambito dei reati tributari in caso di pagamento del debito.
Nella complessa giurisprudenza relativa ai reati tributari, la questione dell’applicazione retroattiva delle norme che prevedono cause di non punibilità è stata oggetto di approfondimento da parte della Corte di Cassazione, che ha emesso una sentenza significativa in merito il 12 gennaio 2023.
La decisione riguarda un caso in cui due imputati, F.R.F. e N.A., avevano patteggiato la pena concordata in relazione a plurimi fatti previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000 art. 2, con riconoscimento della circostanza attenuante di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000 art. 13-bis, comma 1. Tuttavia, i due imputati hanno proposto ricorso per Cassazione, sostenendo l’erronea applicazione della legge penale e l’inosservanza dell’art. 2, commi 2 e 4, del codice di procedura penale.
La tesi difensiva per intervenuto pagamento del debito.
Il difensore dei ricorrenti ha argomentato che il giudice avrebbe dovuto applicare retroattivamente la causa di non punibilità di cui all’art. 13, comma 2, del D.Lgs. n. 74 del 2000, introdotta successivamente alla commissione dei fatti contestati.
Ma cosa dice l’art. 13 comma 2 del D. Lgs 74/2000?
I reati di cui agli articoli 2, 3, 4 e 5 non sono punibili se i debiti tributari, comprese sanzioni e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti, a seguito del ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine di presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, sempreché il ravvedimento o la presentazione siano intervenuti prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.
Tuttavia, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo infondato.
Nel pronunciamento, la Corte ha chiarito che l’applicazione retroattiva della norma che prevede la causa di non punibilità ex art. 13, comma 2, del D.Lgs. n. 74 del 2000 è possibile, ma richiede il soddisfacimento di tutti i requisiti previsti dalla stessa norma, incluso il ravvedimento operoso prima della formale conoscenza di accessi, ispezioni o procedimenti penali. Inoltre, è stato sottolineato che il pagamento del debito tributario deve essere integrale, comprensivo di sanzioni e interessi.
La sentenza ha evidenziato anche l’importanza di coordinare la norma in questione con il disposto del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13-bis, comma 2, che disciplina l’accesso al “patteggiamento” per i reati tributari. È stato precisato che il ravvedimento operoso, se intervenuto prima della formale conoscenza dell’inizio di un accertamento fiscale o di un procedimento penale, può giustificare la rinuncia alla punibilità, mentre se avviene successivamente consente solo l’accesso al “patteggiamento” e integra la circostanza attenuante di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000 art. 13-bis, comma 1.
Cosa ha rilevato la Corte nel caso in esame?
Nel caso specifico, la Corte ha rilevato che i requisiti per l’applicazione della causa di non punibilità non erano soddisfatti, in quanto il pagamento del debito tributario non era stato integrale e l’intervenuto ravvedimento era avvenuto dopo l’avvio delle indagini.
Infine, la Corte ha ribadito che la violazione di legge non può essere rilevata d’ufficio quando manca l’impugnazione da parte del pubblico ministero.
In conclusione, la sentenza della Corte di Cassazione del 12 gennaio 2023 rappresenta un chiarimento importante sull’applicazione retroattiva delle cause di non punibilità nell’ambito dei reati tributari, confermando la necessità di rispettare rigorosamente i requisiti previsti dalla legge per poterne beneficiare.
Principio che risponde al quesito
Con riferimento ai reati tributari dichiarativi richiamati dall’art. 13, comma 2, d.lg. n. 74/2000 (ossia quelli contemplati dagli artt. 2, 3, 4 e 5) l’integrale pagamento del debito (comprensivo di sanzioni amministrative e interessi) assume una duplice connotazione; se infatti esso si verifica prima della formale conoscenza dell’avvio di ispezioni e verifiche o di attività di accertamento penale, integra causa di non punibilità. Se invece il pagamento avviene successivamente ma prima dell’apertura del dibattimento, consente all’imputato di accedere al patteggiamento e ai correlativi benefici premiali, integrando al contempo la circostanza attenuante ex art. 13-bis, comma 1, d.lg. n. 74/2000.
Fonte: Diritto & Giustizia 2023, 27 febbraio