FIDEIUSSIONE BANCARIA, ALTRO STOP DELLA CASSAZIONE
COMMENTI A CALDO ALLA NUOVA SENTENZA DELLA CASSAZIONE 13846 DEL 22/05/19
Con la sentenza nr. 13846/19 il Giudici Supremi sono tornati sull’argomento della “invalidità” delle Fideiussioni Bancarie; la Cassazione di fatto ne ha dichiarato uno stop.
Con detta sentenza, praticamente, il tema delle fideiussioni bancarie omnibus redatte sulla base dello schema predisposto nel 2003 dall’ABI ha trovato nuova linfa. Ne avevamo già parlato qui: nullità della fideiussione bancaria omnibus
Detti schemi di fideiussione bancaria sono stati già oggetto del provvedimento della Banca d’Italia del 2 maggio 2005. Riassumendo brevemente la Banca d’Italia aveva statuito che “gli articoli 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per la fideiussione a garanzia di operazioni bancarie (fideiussione omnibus) contengono disposizioni che, nella misura in cui vengono applicate, in modo uniforme, sono in contrasto con l’art. 2, comma, 2, lettera a), della legge n. 287/90”.
A chi si rivolge questa sentenza?
Gli effetti di detta statuizione hanno interessato, ed interessano, una vasta platea di fideiussori che hanno sottoscritto i contratti di fideiussione bancaria negli anni passati. Questo perchè moltissimi istituti di credito hanno utilizzato lo schema ABI.
Moltissime le richieste di tutela giudiziaria. Nello specifico, non solo si chiede l’intervento del Tribunale di turno per la declaratoria di invalidità delle clausole. Ma più in generale si avanzano richieste di nullità dell’intero contratto di fideiussione bancaria.
Il principio di diritto fondante:
La sentenza in commento, quindi, cassa con rinvio una sentenza della Corte d’Appello di Brescia, enunciando il seguente principio di diritto:
“in tema di accertamento dell’esistenza di intese restrittive della concorrenza vietate dall’art. 2 I. n. 287/1990, con particolare riguardo a clausole relative a contratti di fideiussione da parte delle banche, il provvedimento adottato dalla Banca d’Italia prima della modifica di cui all’art. 19, comma 11, I. n. 262/2005, possiede, al pari di quelli emessi dall’Autorità Garante per la Concorrenza, una elevata attitudine a provare la condotta anti-concorrenziale, indipendentemente dalle misure sanzionatorie che siano pronunciate, e il giudice del merito è tenuto, per un verso, ad apprezzarne il contenuto complessivo, senza poter limitare il suo esame a parti isolate di esso, e, per altro verso, a valutare se le disposizioni convenute contrattualmente coincidano con le condizioni oggetto dell’intesa restrittiva, non potendo attribuire rilievo decisivo all’attuazione, o non attuazione, della prescrizione contenuta nel provvedimento amministrativo con cui è stato imposto all’ABI di estromettere le clausole vietate dallo schema contrattuale diffuso presso il sistema bancario”.
Cosa non ha detto la Cassazione?
Ciò posto, si evidenzia come anzitutto la Cassazione premette che oggetto della decisione di merito impugnata non è la questione della legittimità delle disposizioni contrattuali (artt. 2, 6 e 8 dello schema ABI) asseritamente nulle (cfr. sentenza, pag. 5). Il che di per sé già significa che neanche la sentenza della Cassazione riguarda (direttamente) quelle disposizioni, che infatti neppure vengono esaminate dalla pronuncia.
Una sentenza che guarda solo alla fase processuale?
Alla domanda possiamo rispondere positivamente. Infatti, a ben vedere, la sentenza ha un contenuto in gran parte di natura processuale. In essa si evidenzia, in particolare, la rilevanza probatoria (non) attribuita dal giudice del merito al provvedimento della Banca d’Italia del 2 maggio 2005. Molta cura, quindi, dovrà dedicarsi alle prove in tali questioni.
Il provvedimento della Banca d’Italia sulle fideiussioni bancarie omnibus con lo stop della Cassazione, come anticipato, aveva statuito che:
“gli articoli 2, 6 e 8 dello schema contrattuale predisposto dall’ABI per la fideiussione a garanzia di operazioni bancarie (fideiussione omnibus) contengono disposizioni che, nella misura in cui vengono applicate, in modo uniforme, sono in contrasto con l’art. 2, comma, 2, lettera a), della legge n. 287/90”.
Dove ha sbagliato il giudice di prime cure?
Nella sostanza la Cassazione ha ritenuto errata la decisione di merito nella parte in cui non ha dato rilevanza (probatoria, in merito all’esistenza di un’intesa a monte illecita) a tale provvedimento della Banca d’Italia.
nota di rilievo:
Analizzando il testo della sentenza, infatti, si legge che secondo la Cassazione
“è irrilevante il fatto, valorizzato dal giudice del merito per escluderne la rilevanza probatoria, che il provvedimento della Banca d’Italia non avesse un contenuto sanzionatorio o non contenesse diffide.
Sempre la Cassazione sottolinea che tale provvedimento in ogni caso prescriveva all’ABI di emendare le proprie circolari. Ciò che conta è che tale provvedimento avesse un contenuto accertativo. Contenuto che il giudice del merito ha mancato di esaminare, in tal modo, secondo la Cassazione, incorrendo in errore; Tuttavia si fa rilevare che la Cassazione non si esprime sulla questione. Non dice, cioè, se il provvedimento della Banca d’Italia abbia accertato o meno l’intesa illecita. Essa precisa espressamente che il giudice del merito avrebbe dovuto verificare
“se il provvedimento avesse mancato di prendere posizione sull’esistenza dell’intesa restrittiva e, quindi, sulla diffusione, presso gli istituti di credito, dei testi negoziali comprendenti le citate clausole” (cfr. sentenza, pag. 11).
nota di rilievo:
La Cassazione ha cassato la sentenza di merito. Lo si legge nella parte in cui questa ha dato rilevanza alla mancata prova da parte del fideiussore della diffusione da parte dell’ABI del testo del contratto di fideiussione contenente le clausole in questione. I Giudici hanno poi chiarito nella sentenza 18436/2019 che ciò che andava accertata il seguente elemento:
“la coincidenza delle convenute condizioni contrattuali (…) col testo di uno schema contrattuale che potesse ritenersi espressivo della vietata intesa restrittiva” (a prescindere dalla diffusione o meno dello schema da parte dell’ABI).
Sostanzialmente la Cassazione ribadisce poi il principio generale per cui “compete all’attore che deduca un’intesa restrittiva provare il carattere uniforme della clausola che si assume essere oggetto dell’intesa stessa”.
Le questioni di fondo.
Alla luce di quanto precede, pare che restino impregiudicate le questioni già dibattute in particolare nella giurisprudenza di merito, e in particolare le seguenti:
a) prova dell’intesa illecita (pur desumibile, secondo la Cassazione, dal provvedimento della Banca d’Italia. Tuttavia le originarie indicazioni dell’ABI (testo del 2003) erano state concordate con le associazioni dei consumatori. La Cassazione ha richiamato il proprio precedente n. 3640 del 2009, nel quale si è precisato che è vero che i provvedimenti dell’Autorità Garante della Concorrenza (così come nella specie il provvedimento della Banca d’Italia) rappresentano una prova privilegiata in relazione alla sussistenza del comportamento accertato;
In evidenza:
La Cassazione puntualizza che “ciò non esclude la possibilità che le parti offrano prove” anche “contrarie” a tale “accertamento”; si tratta, in altre parole, di una “attitudine astratta” del provvedimento sotto il profilo probatorio.
b) (allegazione e) prova dell’applicazione uniforme (e non occasionale) delle clausole asseritamente nulle;
c) eventuale nullità, parziale o totale, della fideiussione. A questo riguardo peraltro non sembra significativo quanto si legge a pagina 6 della sentenza. La Cassazione ha respinto l’eccezione di difetto di interesse ad agire formulata dalla banca (sotto il profilo per cui la fideiussione manterrebbe comunque la sua validità generale in forza del principio di conservazione del contratto).
Infatti la Cassazione ricorda che “l’interesse ad agire va valutato alla stregua della prospettazione operata dalla parte, e non lo si può negare sul presupposto che le conseguenze da trarsi dai fatti allegati siano diverse da quelle sostenute dall’attore, attenendo ciò alla fondatezza nel merito della domanda”.
La Cassazione, quindi, non entra nel merito neanche della questione se l’eventuale violazione della normativa antitrust del contratto a valle comporti la nullità totale di quest’ultimo ovvero solo delle singole clausole in ipotesi nulle.
Sentenza collegata di interesse
Si segnala sull’argomento la sentenza della Suprema Corte del 12 Dicembre 2017, n. 29810, in www.dirittobancario.it , la quale aveva affermato il seguente principio di diritto:
“in tema di accertamento dell’esistenza di intese anticoncorrenziali vietate dalla L. n. 287 del 1990, art. 2, la stipulazione “a valle” di contratti o negozi che costituiscano l’applicazione di quelle intese illecite concluse “a monte” (nella specie: relative alle norme bancarie uniformi ABI in materia di contratti di fideiussione, in quanto contenenti clausole contrarie a norme imperative) comprendono anche i contratti stipulati anteriormente all’accertamento dell’intesa da parte dell’Autorità indipendente preposta alla regolazione o al controllo di quel mercato (nella specie, per quello bancario, la Banca d’Italia, con le funzioni di Autorità garante della concorrenza tra istituti creditizi, ai sensi della L. n. 287 del 1990, artt. 14 e 20, (in vigore fino al trasferimento dei poteri all’AGCM, con la L. n. 262 del 2005, a far data dal 12 gennaio 2016)) a condizione che quell’intesa sia stata posta in essere materialmente prima del negozio denunciato come nullo, considerato anche che rientrano sotto quella disciplina anticoncorrenziale tutte le vicende successive del rapporto che costituiscano la realizzazione di profili di distorsione della concorrenza”.
Il provvedimento della Banca d’Italia è consultabile al seguente link: https://www.bancaditalia.it/compiti/vigilanza/avvisi-pub/tutela-concorre…
Siamo esperti della materia bancaria.
Per info chiamare 392.91.68.449 (anche con whatsapp).
Oppure compilare il form, sarete ricontattati.