Con questo articolo vogliamo focalizzare l’attenzione del lettore su un argomento specifico: coronavirus lavoro smart working. Chiarire alcuni aspetti tecnico/giuridici del lavoro in remoto.
Premessa.
In questi giorni abbiamo ricevuto dai molti clienti domande sull’argomento – coronavirus e lavoro smart working. Abbiamo capito che in tanti (datori di lavoro e dipendenti) non hanno le idee chiare.
Nell’affrontare l’argomento partiamo un presupposto: la pandemia ha imposto, impone ed imporrà cambiamenti che impattano sulla vita di tutti. Ci si aspetta una evoluzione sulla normativa coronavirus lavoro smart working. Molte aziende dovranno cambiare regime. Si dovranno, cioè, adottare misure per facilitare i propri dipendenti. Ma i dubbi e le paure sono anche tante. La domanda più frequente ricevuta:“Con il coronavirus e il lavoro smart working cambiano i diritti del lavoratore”?
Come al solito siamo qui per essere d’aiuto. In nostro scopo fugare dubbi ed incertezze. Specie in questa situazione di quarantena forzata. Capire e conoscere gli aspetti legali sull’argomento aiuta. Non abbiamo la presunzione di essere totalmente esaustivi. Rimaniamo, sempre a disposizione per ogni ed ulteriore chiarimento sulla normativa.
Che cosa significa smart working?
Prima di addentrarci in quelle che sono le problematiche legate all’argomento in analisi – coronavirus e lavoro smart working – volevamo chiarire cos’è e cosa significa smart working? La traduzione letterale dall’inglese all’italiano è abbastanza facile:“lavoro intelligente”. Tuttavia si preferisce tradurlo con “lavoro agile”.
Sebbene la traduzione possa essere di facile intuizione, giuridicamente parlando molti sono i dubbi che vengono alla mente. Permetteteci di chiarire con licenza, che di intelligenza non ve ne è tanta. Più tecnicamente è l’aspetto della agilità che deve essere preso in considerazione. Questa sta nel fatto che in caso di impossibilità o particolari necessità, infatti
a causa del coronavirus il lavoratore è messo nella condizione (da qui per alcuni “l’intelligenza/agilità”) di poter lavorare, a distanza con strumenti informatici idonei.
Riassumendo, quindi, lo smart working vede il lavoratore non obbligato a raggiungere il posto di lavoro. Tuttavia “agilmente” può prestare la propria attività.
Con l’ausilio di un computer potrà, quindi, collegarsi al server aziendale; partecipare ad un gruppo virtuale e prendere parte alle riunioni aziendali.
Chiaramente non tutti i lavori possono utilizzare questa modalità. Sopratutto quelli che necessitano di attività materiali. Si pensi al falegname, all’operaio e molti altri. Per quelli si dovrà attendere. Magari quando anziché recarsi in azienda, si prenderà da remoto il controllo di un robot. Ma siamo ancora lontani, forse, da questa realtà.
Le aziende e la pubblica amministrazione usano realmente lo smart working?
Aldilà della situazione dettata dal Corona Virus questa modalità ha preso sempre più spazio all’interno dell’ordinamento nazionale. Infatti, secondo i risultati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano il 58% delle grandi imprese ha già introdotto iniziative concrete.
Anche la PA nell’ultimo anno ha fatto grandi passi in avanti verso un modello di lavoro “smart”: oggi il 16% delle pubbliche amministrazioni ha progetti strutturati di lavoro agile (nel 2018 era l’8% e nel 2017 il 5%), l’1% ha attivato iniziative informali e un altro 8% prevede progetti dal prossimo anno.
Ma procediamo con quanto c’eravamo proposti, analizzare gli aspetti tecnico/giuridici dello smart working.
Ma è un diritto del lavoratore lo smart working?
Una doveroso chiarimento va fatto; lo smart working o lavoro agile,
PER IL LAVORATORE
LO SMART WORKING NON E’ UN DIRITTO RICONOSCIUTO.
La possibilità, unilaterale, è concessa al datore di lavoro. Ciò al fine di modificare la prestazione lavorativa per limitare il rischio di contagio secondo le prescrizioni indicate dall’articolo 4 del D.P.C.M. 1° marzo 2020.
Come si comunica al lavoratore l’attivazione dello smart working?
Non esistono forme sacramentali imposte al datore di lavoro per comunicare l’avvio del lavoro agile al proprio dipendente. E’ sufficiente una e-mail o, addirittura, un semplice messaggio whatsapp. Con espressa indicazione, però, dell’inizio e della fine della prestazione in smart working. Di solito coincide con situazioni incerte come quelle che viviamo oggigiorno.
Occorre sottolineare che il lavoratore a cui è stato chiesto di effettuare il lavoro agile, deve garantire il suo rientro. Ciò NON comporta l’interruzione definitiva dello smart working. E’ consentita l’alternanza in agilità, ove possibile, del lavoro in presenza e del lavoro a distanza.
Lo stipendio e le tutele diminuiscono?
Vorremmo rassicurare tutti che i diritti del lavoratore non variano!
Nulla cambia in termini di stipendio.
Lo smart worker (il lavoratore che eroga la propria prestazione modalità agile) ha diritto ad medesimo trattamento economico e normativo. Nessuna decurtazione perché si rimane a casa, eccezion fatta per le indennità. Rispetto al lavoratore che svolge le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda. Anche le tutele previste in casi di infortunio e malattie professionali rimangono inalterate.
Può il lavoratore rifiutarsi di lavorare in modalità smart working?
Ci è posto questo quesito “in caso di smart working il lavoratore può rifiutarsi”?. In questo momento principi come la buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto sono importanti e vanno assolutamente rispettati. Alla domanda, rispondiamo, con molta cautela perchè dipende dalle singole situazioni.
I motivi di rifiuto devono essere chiaramente fondati.
Si pensi ad una particolare situazione familiare. Oppure a causa dell’ambiente domestico anche se costretti dal coronavirus il lavoro in smart working non è possibile (per esempio presenza di neonati); oppure per assenza di adeguati strumenti informatici.
Anticipiamo che il coronavirus mette il lavoratore smart working in una situazione di “non ampia scelta”. La risposta è univoca: bisogna tenere bene in mente che siamo in una situazione d’emergenza.
Accertato il reale impedimento del lavoratore, l’alternativa prevista dal D.P.C.M. è quella di usufruire delle ferie.
Siamo disponibili per ogni chiarimento. Inviate i vostri quesiti.