Abstract: il debito nei confronti dell’Inps si prescrive in 5 anni e non in 10 anni come sostiene Equitalia.
Avv. Leonardo Andriulo
Lo avevo già scritto in un precedente post (per i più curiosi ecco il link): i debiti previdenziali si prescrivono in 5 anni e non già in 10. Anche a seguito della mancata opposizione alla cartella esattoriale notificata ed in assenza di atti interruttivi da parte di Equitalia.
La vicenda, risolta favorevolmente per il mio cliente, rientra tra le prime pronunce del Tribunale di Brindisi – Sezione Lavoro, in materia di debiti previdenziali con declaratoria di prescrizione conformemente a quanto statuito dalla sentenza dalla Suprema Corte a Sezioni Unite – del Novembre 2016, la numero 23397.
I principi stabiliti dalla Cassazione, permetteranno a molti contribuenti di uscire dalle c.d. sabbie mobili ed evitare di dover pagare somme non dovute all’Ente previdenziale.
Il suggerimento è di non scoraggiarsi ma, con l’aiuto di un esperto professionista, verificare attentamente quali sono le opportunità difensive. Gli strumenti per tutelarsi ci sono, basta avare pazienza ed avere fiducia nella giustizia ed il suo corso!
Nel Dicembre del 2013, un carissimo amico riceveva a mezzo lettera raccomanda a.r., da parte di Equitalia un plico. Nello stesso erano contenute ben 2 intimazioni di pagamento.
Le suddette richieste di pagamento, per un importo complessivo di 16.000,00 euro, si riferivano a precedenti cartelle esattoriali per somme previdenziali risalenti a ruoli degli anni 80, 90 e metà 2005. Nelle more della nuova notifica e più precisamente nell’anno 2004, l’Agente della riscossione (leggasi Equitalia) aveva provveduto “illegittimamente” ad una iscrizione ipotecaria su di un immobile secondario di proprietà.
Il mio amico, preoccupato per la perdita dell’immobile, mi chiedeva aiuto. Come mio solito prendevo a cuore il caso.
Fermo restando i diversi motivi di doglianza, che si ritiene siano tutti validi, quanto qui evidenziato, riguarda il principio già anticipato nel titolo del presente post. Così il titolo del titolo di opposizione: A) contestazione della validità delle somme richieste per intervenuta prescrizione – violazione e falsa applicazione dell’art. 2953 c.c. e della legge 335/95.
Per quanti fossero a digiuno della materia c’è da sapere che la legge stabilisce, per i debiti previdenziali, una prescrizione di cinque anni – Legge 335/95. Questo termine è di natura perentoria. Quando la prescrizione è maturata, addirittura è vietato provvedere, anche spontaneamente, al versamento del debito. Anzi! Qualora il contribuente lo faccia, l’Inps d’ufficio deve restituire quanto versato con rivalutazione ed interessi.
La legge però ammette delle eccezioni. Ed in vero, qualora ci siano atti interruttivi della prescrizione (ulteriore comunicazione intervenuta nel quinquennio), questa ricomincia. Oppure, solo un titolo giudiziale definitivo (leggasi sentenza passato in giudicato) può trasformare il termine di 5 anni in decennale.
A ben vedere, dunque, le cartelle esattoriali, così come le intimazioni di pagamento, non sono titoli giudiziali ma semplici atti amministrativi. Questo significa che non godono di natura privilegiata e soggiacciono alle normali regole sulla prescrizione. Come innanzi accennato.
All’epoca, parlo all’inizio del 2014, la Cassazione non si era pronunciata ed a dire il vero vi erano alcuni contrasti giurisprudenziali del Supremo Organo. Tuttavia ero convinto della bontà di quella parte di Giurisprudenza favorevole al mio amico. E così impugnammo le intimazioni di pagamento.
Questa la tesi difensiva in atti:
Pur non avendo impugnato illo tempore le cartelle esattoriali (quand’anche notificate) si ritiene sommessamente che siano maturati i termini di prescrizione. Non sfuggirà all’Ill.mo Giudicante che facendo riferimento alle cartelle esattoriali e alle successive intimazioni di pagamento le stesse sono state notificate a distanza di oltre un decennio e che pertanto sono maturate le prescrizioni previste dalla normativa di riferimento – legge 335/95 (5 anni).
Continuando velocemente nell’excursus fatto al Giudice nel libello difensivo si evidenziava quanto detto sopra:
Alla stessa conclusione (inapplicabilità dell’art. 2953 cod. civ. ai fini della prescrizione) deve dunque pervenirsi mutatis mutandis anche nell’ipotesi in esame, dal momento che neppure ai ruoli formati dagli enti pubblici previdenziali per la riscossione dei crediti contributivi ed alle conseguenti cartelle esattoriali può assegnarsi natura giurisdizionale.
Il principio di diritto affermato negli atti difensivi:
la mancata opposizione nel termine rende definitivo e non più contestabile il credito dell’ente previdenziale, ma non comporta gli effetti di natura processuale riservati ai provvedimenti giurisdizionali e, quindi, l’idoneità al giudicato. Necessario corollario è che l’azione esecutiva rivolta al recupero del credito contributivo non opposto ai sensi dell’art. 24 comma 5 del d.Lgs. 46/99 è soggetta non al termine decennale di prescrizione dell’actio iudicati previsto dall’art 2953 c.c., bensì al termine proprio della riscossione dei contributi e, quindi, nel caso di specie, al termine quinquennale introdotto dalla legge 335/1995, neppure in caso di novazione. Nella fattispecie, atteso che tra la data della notifica della cartella esattoriale concernente i contributi in questione, cioè il giorno 27/01/2001 e il giorno 11/5/2005, e la data della notifica delle successive intimazioni di pagamento 03/12/2013 sono trascorsi più di cinque anni, è da ritenere che la prescrizione quinquennale è senz’altro già maturata.
Ebbene, ieri a distanza di 3 anni è arrivato il verdetto finale. Il Giudice ha aderito pienamente alla tesi difensiva condannando Equitalia al pagamento delle spese legali da distrarsi in favore del difensore.
Queste le sue parole:
… va evidenziato che parte ricorrente – che non ha proposto opposizione avverso le cartelle – ha eccepito l’estinzione dei credi per decorso del termine quinquennale di cui alla legge 335/95: tale censura – in quanto concernente (la pretesa esistenza di) fatti estinti del credito verificatisi dopo la formazione del ruolo – deve essere qualificata opposizione all’esecuzione, ai sensi dell’art. 615 c.p.c., richiamata dall’art. 29 del D. Lgs. 26.2.1999 n. 46, la quale non prevede alcun termine e può essere esperita sino a quanto non siano completate le operazioni della procedura esecutiva.
Tale eccezione deve ritenersi fondata, atteso che – secondo quanto stabilito dalla Suprema Corte a Sezioni Unite (sentenza nr. 17/11/2016 n. 23397) la scadenza del termine pacificamente perentorio, per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui al D. Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, art. 24, comma 5, pur determinando la decadenza della possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche l’effetto della c.d. conversione del termine di prescrizione breve (nella specie quinquennale secondo la L. 335 del 1995, art. 3 commi 9 e 10) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 cc
Spero che questo mio post possa essere d’aiuto.
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